Hile, kinghiani.
E così si è conclusa la Seconda Stagione di Under the Dome; la serie tv prodotta anche da Steven Spielberg divide i fan di Stephen King: da un lato gli integralisti fedeli al romanzo, dall'altro quelli che si godono le puntate così come sono.
Io penso sia giusto che la storia si discosti dal romanzo, questo ci offre un motivo in più per seguirla, e per vedere come va a finire.
Nella puntata che chiude la stagione abbiamo assistito ad una serie a ripetizione di folli colpi di scena in pieno american style (non li anticipo, ma... ci siamo capiti: qualcuno morirà...).
Nel complesso mi sono divertito a seguire gli episodi; ok, la serie non sarà un capolavoro, ma non è male da guardare la sera prima di dormire.
Big Jim, il subdolo e cinico sindaco di Chester's Mill, è tra i miei personaggi preferiti. I suoi continui volta faccia (troppi, forse) ravvivano la storia.
Altri personaggi sono, invece, delle vere macchiette, come Junior (il figlio di Big Jim) che già dalla prima stagione mostra segni di squilibrio mentale, per poi mantenere un'aria da ebete con la bocca perennemente aperta, alternando momenti di lucidità.
C'è poi l'immancabile fusto, l'eroe senza paura: Barbie. E ovviamente la sua bella, Julia. Loro due fanno parte del gruppo dei cosiddetti 'buoni' (anche se su Barbie hanno aleggiato oscure nubi).
Il mistero della Cupola non si è ancora risolto, e a dir la verità... non ci sto capendo nulla. Ogni due per tre salta fuori l'illuminato di turno che si sente 'il prescelto': "La Cupola ha scelto me!", farneticano.
La discesa della Cupola sembrava a un certo punto avere collegamenti col mondo esterno ad essa, ma l'origine soprannaturale pare prevalere, al momento.
L'ultimo fotogramma del finale ci lascia interdetti, e la voglia di sapere come prosegue la storia è tanta. Peccato che dovremo pazientare fino all'estate del 2015, quando mi sarò scordato tutto.
Unica mia speranza è che la Rai ripensi meglio la programmazione: un solo episodio a settimana in seconda serata è un'assurdità. Qui lo dico e qui... lo confermo.
Alla prossima,
Maurizio
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