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20 settembre 2020

Intervista a Emiliano Sabadello


20 settembre 2020

Fedeli Lettori, la Toutcourt Edizioni mi ha proposto di intervistare Emiliano Sabadello, insegnante di italiano e storia presso l'Eliano-Luzzatti di Palestrina, laureato in Filosofia e dal 2019 in libreria con Pennywise, un saggio su It di Stephen King.


Nel tuo libro edito da Toutcourt Edizioni definisci It "uno dei romanzi più importanti della seconda metà del '900". Luca Briasco (attuale traduttore italiano di King) nel saggio "Americana" (minimum fax) lo ha proposto come quel "grande romanzo americano"che tanti ancora si affannano a cercare. Cosa fa di It una storia di tale portata mondiale?

La mia affermazione è senz'altro azzardata e fa storcere la bocca in primis ai Benpensanti, ma anche a coloro che amano ancora mettere gli aggettivi (de)qualificativi dopo la parola letteratura. E né io, né tu, né Briasco, né tantomeno King possiamo farci niente. Però, It, in sé, è davvero un grande romanzo, scritto da una grande penna, che ha saputo non soltanto indagare i misteri dell'infanzia, costruendo così un imponente romanzo di formazione di gruppo, ma che ha saputo anche osservare e soffrire quegli stessi misteri dal punto di vista degli adulti, che troppo spesso dimenticano di essere stati bambini. Dal lato della mia formazione e dei miei studi, ciò che rende It una storia di portata mondiale, come giustamente dici tu, è ciò con cui continuamente si confronta: la modernità e i suoi mostri storici.


It ha già quindi superato la prova del tempo? Da best-seller è destinato ad essere considerato un long-seller che racconta paure che sono esistite ed esisteranno sempre nel tessuto sociale?

Che abbia superato la prova del tempo è innegabile, come è innegabile che mantenga una sua freschezza e una sua attualità, a distanza di quasi quarant'anni (non dimentichiamo che è stato iniziato nel 1981). Come tutte le grandi opere, ha in sé degli elementi legati alla contingenza che prima o poi smetteranno di essere interessanti, ma gli elementi che possiamo definire universali continueranno a parlare ai Lettori, attraverso le mutazioni di Pennywise, che è il vero centro del multiverso del romanzo. Pennywise, che è un personaggio di una modernità sconcertante, essendo in grado di coniugare in sé paure sempiterne e paure storico-sociali.



It è specialmente una storia di magia. Una storia sulla magia che perdiamo diventando adulti. La prima trasposizione del romanzo del 1990 con Tim Curry sembra rappresentare alla perfezione questo concetto: chi l'ha guardata da bambino ne ricorda ancora le suggestioni. Vista da adulti, invece, emerge nella sua generale pochezza (ad eccezione di Curry).

Sì, principalmente la magia insita nello stare tutti insieme, che inevitabilmente andiamo perdendo nella crescita e che i Perdenti, i sette protagonisti umani del romanzo, invece riescono sempre e comunque, in diverse forme, a ricreare. Ciò che metti in risalto della pellicola del 1990 è giusto e non ho granché da aggiungere, se non che forse quella pellicola fu un atto d'amore incondizionato al romanzo stesso, indirizzato alla sua conoscenza, che portò alla scelta (sofferta) di affidare Pennywise a Tim Curry, che lo incarnò al meglio, terrorizzando un'intera generazione. Cosa che, secondo il mio modesto parere, non è riuscita per niente a Bill Skarsgård nella riproposizione a noi più vicina di It. Con quell'atto d'amore, e quella conoscenza, a non esserci per niente, nell'ultima pellicola.



Nel saggio su It insisti spesso sui concetti di realtà e razionalità. Riflessioni interessanti se pensiamo a quanto di sovrannaturale (ritenuto quindi da taluni a priori "irrealistico") c'è nel romanzo.

Paradossalmente, senza l'aspetto realistico, le opere di genere fantastico non sarebbero credibili. King lo ha ripetuto più volte e in diversi momenti della sua produzione: senza, non scatterebbe quella sospensione dell'incredulità, o del dubbio, che Coleridge ha soltanto denominato (nel 1817), ma che qualsiasi scrittore degno di questo nome aveva ben presente anche nei secoli precedenti. Eppure, devo dirti che trovo molta più razionalità e realtà in It che in tante altre produzioni della letteratura cosiddetta mainstream che, senza fare nomi, alle volte produce un realismo davvero inverosimile. I concetti di realtà che King, più o meno consciamente, mescola in It, da Pennywise a It stesso tremante nelle fogne, dai Perdenti al gruppo dei "cattivi" umani, sono ancora una volta di una modernità assoluta e sembrano convergere verso la persistenza psicologica e spirituale delle persone.


Quanto è difficile cercare di raccontare Stephen King, farne l'esegesi, interpretarlo, in generale, senza farsi condizionare troppo dalla propria visione soggettiva?

In effetti, non è un'operazione semplice e non è detto che io ci sia riuscito. Non bisogna poi neanche dimenticare che in questo rapporto esegetico c'è di mezzo anche un'altra soggettività: quella del traduttore. Anche se non ne ho fatto cenno in Pennywise, per motivi editoriali e divulgativi, ho cercato, almeno nei punti di maggior difficoltà interpretativa, di confrontarmi sempre con il testo originale, così da togliere dal problema almeno un elemento. Ma le difficoltà comunque permangono, soprattutto quando sul libro che stai analizzando ci sono tutte le concrezioni delle letture precedenti, fatte nei diversi momenti della tua vita.


Apprezzi come King è cambiato negli ultimi anni? E' spesso criticato dai suoi stessi fan perché si ritiene abbia perso lo smalto dei "tempi d'oro". Io non sono del tutto d'accordo.

E in questo la pensiamo allo stesso modo. Il problema delle critiche che tu stesso segnali, al netto dei romanzi non riusciti o del tutto brutti di King, è che i cambiamenti spaventano, perché sembrano interrompere uno dei capisaldi dello scambio letterario: il riconoscimento reciproco. Secondo me, e so che sei d'accordo, invece i cambiamenti sono fondamentali, perché riflettono un atteggiamento mutato o più consapevole nei confronti della realtà. Ma la cosa, soprattutto negli USA, si verificò già alla prima cesura kinghiana, quella rappresentata da Il Gioco di Gerald, che molti fan non capirono e non accettarono. E King ha continuato, negli anni, a evolvere, sfornando romanzi eccezionali anche nell'ultimo periodo, come 22/11/'63 e Revival, ad esempio. Senza contare un altro fatto fondamentale: un autore che è in grado di cambiare il proprio approccio con la scrittura ti spinge a cambiare il tuo approccio con la lettura, facendoti senz'altro migliorare.


Come ultimo spunto, un aspetto della produzione kinghiana a cui tengo molto personalmente, e ancora oggi forse trascurato: la forma del racconto breve. Un'arte sottovalutata e su cui editorialmente si punta con diffidenza. La gran parte dei lettori stessi tende ad approcciare alla narrativa breve con diffidenza. Eppure, King mi sembra eccellere in quest'arte al pari dei più grandi autori di short stories. Perché la brevità è percepita come sinonimo di qualità minore?

E' vero: King eccelle nell'arte della narrativa breve che, come dice ironicamente lui stesso, ha il pregio di farlo pagare di più. E sono d'accordo con te che la produzione kinghiana di racconti è in qualche modo ancora trascurata (nonostante alcuni titoli di racconti diventati iconici). Rispondere al perché i racconti vengano sempre pubblicati con diffidenza non è affatto semplice, in poche righe. Cerco di farlo. Forse il racconto, rispetto al romanzo, ti fa perdere meno contatto con la realtà, ti avviluppa (se ben scritto) magari in modo più totale, ma per un tempo breve, a volte brevissimo, per poi lasciarti dove ti trovi. Forse, i racconti possono rispetto al romanzo risultare più spontanei, più veri e questo magari a determinati tipi di lettori può dare fastidio. Quella che tu chiami la percezione della qualità inferiore di un racconto potrebbe provenire dalla maggior difficoltà nel riassumere, in una quarta di copertina o in una recensione, il contenuto multiforme di una raccolta di racconti rispetto a quello senz'altro più monolitico di un romanzo. Ma dovremmo stare qui a parlare ancora molto, prima di raggiungere qualche risultato in questo particolare aspetto della nostra chiacchierata.


Grazie della tua disponibilità, Emiliano, e dell'opportunità che mi ha offerto Toutcourt Edizioni.

Ringrazio anche io la casa editrice per la fiducia accordatami. Ringrazio naturalmente anche te, Maurizio, e il lavoro che svolgi sul tuo importante e multiforme blog: è stato un piacere, oltre che un onore, esserne ospite.

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