APPUNTAMENTO AL 21 MAGGIO CON LA NUOVA ANTOLOGIA DEL RE

17 maggio 2020

Un regalo magnifico di Stephen King ai suoi Fedeli Lettori

17 maggio 2020

"Dulcis in fundo grazie a voi, miei fedeli lettori, per avermi accompagnato ancora una volta."

Si concludono così i ringraziamenti di Stephen King in chiusura della sua ultima antologia Se scorre il sangue, edita da Sperling & Kupfer con la traduzione di Luca Briasco.


Parole affettuose per i suoi fan storici, quei Fedeli Lettori, i Constant Readers, che non smettono di seguirlo amandolo incondizionatamente, anche quando è un po' appannato.
E alla luce del contenuto di questo poker di inediti, non è casuale che King sia tornato a citare esplicitamente il suo pubblico più fedele.

Da appassionato divoratore di tutto ciò che Stephen King ha sfornato in carriera (qui un'essenziale e spartana bibliografia), in queste quattro storie ho ritrovato quella kinghianità che nei decenni ha conquistato tanti lettori nel mondo; quel marchio di fabbrica inconfondibile che i kinghiani riconosceranno sin dalle prime battute.

Se immagino che questi racconti possano comunque piacere anche a chi non ha mai letto King, sono invece quasi sicuro che molti conoscitori profondi delle sue opere godranno il doppio.

Poi, ragazzi, ovviamente ci sarà qualche lettore che non resterà folgorato come me: d'altronde, per dirla alla King, le opinioni sono come le chiappe. Ognuno ha le sue.

Le quattro storie di cui sto per parlarvi le vedo come un regalo speciale dello Zio ai suoi lettori; un'antologia che a tratti si avvicina, a mio parere, ad alcune delle migliori raccolte di novelle pubblicate da King in passato. Perché se è vero che il Re è noto per i suoi bei romanzoni corposi, è altrettanto certificata la sua abilità nella forma del racconto breve e della novella.

Quattro racconti in cui l'horror puro è padrone della scena in poche occasioni, prevale un gusto per il weird, per l'insolito, che rievoca lo stile di certi episodi di Ai Confini della Realtà, il tutto spezzato da una storia (La vita di Chuck) che sfugge a una classificazione precisa.

Dopo questo lungo ma doveroso cappello, posso iniziare a passare in rassegna la raccolta titolo per titolo, premettendo che nelle mie analisi non incapperete in rivelazioni sui finali (ci mancherebbe!), ma per riuscire a parlarne nel merito in modo esaustivo non ho potuto evitare di snocciolare determinati dettagli di piccole sequenze. Se fossi stato più reticente, ne sarebbe uscito un mero elenco di titoli accompagnato da un "mi è piaciuto"/"non mi è piaciuto" utile come una tasca bucata...




La prima storia ci fa capire fin da subito che il terreno che stiamo calpestando è familiare al Fedele Lettore, il famigerato Maine di Stephen King con le sue cittadine di provincia, le chiese metodiste, lo scorrere del fiume Androscoggin eccetera eccetera.

Si respira un profumo kinghiano che soltanto i lettori più assidui del Re possono sentire, è come tornare dopo un viaggio e riconoscere l'odore inconfondibile (e unico) della propria casa una volta varcata la soglia.

La voce narrante è quella di un uomo adulto che ripercorre a ritroso un episodio della propria infanzia che continua a turbarlo: una costante nella narrativa kinghiana, che da sempre indaga quella fase indecifrabile della vita dell'uomo che precede l'età adulta della perdita della dimensione magica della realtà.

Craig ricorda quando, da bambino, dietro un piccolo compenso in denaro, aiutava l'anziano vicino di casa leggendogli tutti i romanzi che la vista indebolita gli impediva di godere. Il vecchio John Harrigan era il ricco titolare di una società, ma aveva smesso di occuparsi dei suoi affari e si era ritirato vivendo in semplicità in una casa in fondo a una strada sterrata. In solitudine, non aveva parenti o amici intimi.

Il signor Harrigan ingaggia il piccolo Craig dopo averlo ascoltato in chiesa, dove Padre Mooney lo aveva scelto per leggere dei passi della Bibbia, colpito dalla tonalità della voce di Craig. Anche qui, King trasfonde nella fiction parte della sua storia personale, quando da giovane leggeva le Sacre Scritture ai fedeli della chiesa Metodista che frequentava.

Harrigan prende in simpatia Craig, apprezzandone la mente sveglia e intelligente, nonostante la giovane età. Tra il ragazzino e l'uomo si instaura presto un bel rapporto di fiducia, nonostante il vecchio sia abbastanza noto per il suo carattere scostante e cinico sul lavoro: è dipinto come un uomo che sembra non aver mai voluto bene a nessuno, se non alla madre, che lo crebbe da sola dopo che il padre se n'era andato di casa (proprio come accaduto a King, il cui padre Donald, all'inizio degli anni '50, uscì a comprare le proverbiali sigarette e non si fece mai più rivedere...)

Craig stesso, con le sue conoscenze, avrà modo di aiutare il recalcitrante Harrigan a stare al passo con la tecnologia dei primi anni Duemila, regalandogli un cellulare con cui connettersi a internet, aprendo all'anziano amico un infinito numero di nuove finestre sul mondo, coi loro pro e contro.

Sarà proprio quel piccolo aggeggio, quel telefono, a tenere legato Craig al signor Harrigan anche dopo che quest'ultimo passerà a miglior vita. "Aiutandolo" quando Craig avrà a che fare con le prepotenze di un bullo, situazione che chiude l'immenso cerchio della produzione kinghiana congiungendosi a Carrie, romanzo d'esordio di King del 1974 dove la prima ragazza che nelle docce sbeffeggia l'indifesa e spaventata Carrietta fa di cognome Hargensen, esattamente come l'insegnante di Scienze che intuisce che Craig ha problemi con un coetaneo. (I Fedeli Lettori, lo so, vanno in visibilio quando il Re si autocita...)

Tra le migliori storie scritte da Stephen King negli ultimi anni e che, pur non risaltando per originalità, sposa il gusto per i fenomeni inspiegabili con un'atmosfera dolcemente malinconica grazie a un'abilità nel raccontare di cui sono dotati solo i grandi affabulatori, quelli a cui non serve una trama che li sorregga.

"Credo che la trama sia l'ultima risorsa del buono scrittore e la prima scelta dello sciocco."
— Stephen King




Il secondo racconto che compone la raccolta lo reputo una delle gemme più splendenti del King-post Duemila, cambiato certamente rispetto al periodo pre-incidente (chi non conoscesse l'episodio clicchi qui), ma secondo me a volte accusato ingiustamente di non aver più partorito grandi lavori: penso a titoli che amo, come La storia di Lisey, Blaze, Duma Key, The dome, Notte buia, niente stelle, Revival... (per non parlare dell'immenso 22/11/'63), e dico grazie al Re per non aver smesso di inondarmi di bellezza.

La vita di Chuck spicca in primis per come lo ha strutturato King, che ha deciso di parlarci della vita di un contabile apparentemente ordinario attraverso tre sequenze con punti di vista diversi. Ogni atto può quasi leggersi come una piccola storia a sé.

Mentre la fine del mondo sembra vicina, con il cibo che scarseggia, Internet al collasso e la California che svanisce sotto i colpi di terremoti devastanti, Marty Anderson (insegnante d'inglese, come lo è stato King prima del successo planetario) si domanda chi diavolo sia Charles Krantz, detto "Chuck", la cui immagine campeggia ovunque, sui cartelloni pubblicitari e alla televisione... Perché tanta attenzione per un anonimo impiegato di banca che nasconde dentro, però, un Fred Astaire ispirato a King dal video di Fatboy Slim dove Christopher Walken si scatenava in giacca e cravatta?

"Andrà tutto bene, signore?", chiede una bambina a Marty, che vaga per le strade semideserte ingombre di auto abbandonate. Una domanda (e una speranza) che, letta ora in tempo di pandemia, ci reimmerge nella realtà presente, che nemmeno King poteva forse immaginare di vivere.

Tra le opere più affascinanti e misteriose di Stephen King, il cui nucleo forse è oscuro all'autore stesso, che nella nota finale del libro afferma di non avere esattamente idea di cosa gli abbia ispirato questo racconto.
Ma sapete che vi dico? Non importa. Una storia non deve sempre avere una spiegazione. Il mondo (ma ce ne sono altri oltre a questo) che ci circonda non ha spiegazione. I misteri dell'umanità e dell'universo non hanno spiegazione. Eppure sono così attraenti.

Chuck "contiene moltitudini" - scrive King citando Walt Whitman - e forse assurge a icona di tutte le vite del mondo, alla perenne ricerca del senso della propria esistenza.




Non voglio più sentirmi fragile, pensa Holly Gibney, l'investigatrice privata protagonista della terza storia che dà il titolo all'antologia.

Personaggio femminile già noto ai lettori di Stephen King, che hanno conosciuto Holly nella trilogia poliziesca composta da Mr. Mercedes-Chi Perde Paga-Fine Turno e nel thriller The Outsider del 2018.

Un profilo che però non ha riscontrato sempre il gradimento incondizionato dei fan: donna timida con problemi psicologici radicati soprattutto nel rapporto malato con la madre Charlotte. Ma come spesso accade nella fiction di King, "perdenti" come Holly si rivelano le persone con una marcia in più in grado di dare la svolta positiva (e decisiva) alla storia.

Trovo che sia proprio lei il punto di forza di questo racconto lungo (che con le sue 208 pagine è da considerarsi un romanzo breve). Stephen King non ha mai nascosto di essere molto affezionato al personaggio di Holly, e facendone qui la vera protagonista, anziché una comprimaria, è riuscito a tratteggiarla in tutta la sua profondità. Raccontandoci più intimamente il suo male interiore, fatto di ansie e scarsa autostima alimentate da una figura materna oppressiva e ingombrante che l'ha umiliata fin da piccola, facendola sentire inferiore, debole, sprovveduta. In una parola: sbagliata.

Un'altra parabola che si ricongiunge con la sottomissione psicologica di Carrie White, l'adolescente protagonista del romanzo d'esordio di King, vessata da una pazza madre perbenista e fanatica religiosa.

La nuova indagine di Holly ha inizio quando la perspicace investigatrice nota qualcosa che non le torna nell'eccitazione del giornalista che, in diretta tv sul luogo della strage, riferisce con toni troppo enfatici ed esaltati il bilancio delle vittime della bomba esplosa alla scuola media Albert Macready, in Pennsylvania.

If it bleeds, it leads recita un motto giornalistico reso nel libro con: Se scorre il sangue, si vende. E l'inviato Chet Ondowsky sembra nutrirsi morbosamente dei dettagli più macabri che riesce a raccontare ai telespettatori.
Sulla falsariga di The Outsider, King dà una svolta sovrannaturale all'indagine, a mio avviso con scelte narrative non all'altezza della sua fama, e che abbassano il livello di una storia in cui meritava miglior trattamento il tema dell'insano piacere che prova la gente nel "cibarsi" di tragedie di cronaca nera. Sui social, ho letto alcuni amici che hanno interpretato certe sequenze come una sorta di presa in giro di King verso se stesso, come se, con scene da B-movie, avesse voluto assecondare in modo beffardo i suoi detrattori.

Piccola nota: la storia è costellata di riferimenti spoilerosi a fatti e personaggi della trilogia di Mr. Mercedes e The Outsider che un lettore occasionale a digiuno di King non potrà cogliere e apprezzare. Io vi ho avvisati...




L'ultimo racconto che chiude il libro è un'altra fascinosa esplorazione del tormento dell'arte dello scrivere, un leitmotiv della "poetica" di King che non mi stanca mai.

Drew Larson è, come il Jack Torrance di Shining, una proiezione fittizia dei fantasmi di quando King (squattrinato insegnante con moglie e figli piccoli a carico) era ancora lontano dal divenire l'autore di bestseller che è ancora oggi, e agognava di trovare un editore che lo pubblicasse.

Il nostro Drew è uno stimato insegnante di narrativa che ha all'attivo un paio di racconti pubblicati su rivista, uno anche sul prestigioso The New Yorker.

Ma nessun romanzo.

E' il suo cruccio di una vita: non è mai riuscito a dedicarsi a un testo che avesse un ampio respiro, colpito dalla nevrotica fissazione di mettere sempre la parola giusta al posto giusto, faticando a trovare la concentrazione costante che richiede la stesura di un romanzo:

[...] Una macchia o un bosco. Una luce abbagliante o accecante? E quel personaggio aveva gli occhi spenti o vuoti?

L'ossessione per la scelta del lessico e la fatica nel trovare appigli che lo aiutino a non bloccarsi dopo poche pagine sono deleteri per Drew al punto da metterlo in conflitto con la moglie Lucy, che teme per la sua tenuta psicologica.

La svolta giunge improvvisa, grazie a un'associazione mentale che sovviene a Drew mentre è fermo al semaforo in attesa di attraversare le strisce pedonali: sente che l'idea è buona e di avere già tutto in testa, sarà come scrivere sotto dettatura, dice alla moglie, la quale con riluttanza asseconda il suo proposito di ritirarsi per qualche settimana nella baita che era stata del defunto padre di Drew. E nell'ombrosa solitudine dei boschi tentare per l'ultima volta di scrivere il suo primo, vero, romanzo.

Se e a che prezzo ci riuscirà, ovviamente non ve lo anticipo: sarei un farabutto...

Stephen King, come ha già dimostrato anche nel saggio On Writing-Autobiografia di un mestiere, è da sempre abilissimo nel dissertare di scrittura nella scrittura, con un'onestà intellettuale rara, smontando spesso i cliché che ruotano attorno alla figura romantica del romanziere ispirato che sforna capolavori grazie al suo talento, che da solo vale poco - ha detto una volta Stephen King: "Ciò che separa il talentuoso dalla persona di successo è il duro lavoro."

Lunghi giorni e piacevoli notti,

Maurizio Ragusa



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