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6 marzo 2021

LATER | Stephen King intrattiene ed emoziona ancora una volta

6 marzo 2021

Credo che questa sia una storia dell'orrore. A voi stabilirlo.

Sono le parole che Stephen King mette in bocca al protagonista di Later, l'ultima fatica del Re edita da Sperling & Kupfer - 304 pagine - con la traduzione di Luca Briasco.



Come spesso accade, le storie di King non sono inquadrabili in modo netto con una sola definizione, e Later non sfugge a questa regola. E' tante cose. Anche una storia dell'orrore, ma non solo.

Later è una detective story condita con elementi soprannaturali, narrata sotto forma di memoir in prima persona, una scelta narrativa molto amata da King, che l'ha proposta in tante occasioni (Il corpo, Dolores Claiborne, Il miglio verde, 22/11/'63, per citare esempi illustri) con risultati magnifici. La voce narrante stavolta, però, non è molto avanti con l'età, ma è quella di un ragazzo di poco più di vent'anni, James Conklin.

James ripercorre a ritroso gli anni della sua infanzia fino all'adolescenza. Figlio di una madre single, Tia, è dotato fin dalla nascita di una prerogativa speciale: vede la gente morta.

Lo so che state pensando al film del 1999 di Shyamalan, e nel libro stesso se ne fa menzione. Nonostante questo presupposto non originale, King ha saputo crearci attorno una storia particolare, dove viene coinvolto il mondo degli scrittori di professione e di chi lavora con loro.

La mamma di Jamie è infatti un'agente letterario.

"Volevo scrivere di un agente letterario, perché non lo avevo mai fatto prima", ha detto King in un'intervista per USA Today.

- SPOILER ALERT -

Da qui in poi, pur senza rivelare punti decisivi della storia, entrerò di più nel merito di determinate sequenze del romanzo, quindi, se non avete ancora letto il libro e non volete anticipazioni, forse è meglio che non proseguiate. 


Jamie vuole molto bene a sua madre, che lo cresce da sola, preoccupandosi che non sveli a nessuno il suo incredibile potere, al quale all'inizio lei stessa faticò a credere, pensando che fosse tutto frutto della fervida immaginazione di un bambino.

Era convinta di avere un figlio pazzo, scrive James.

Gli adulti fanno una gran fatica a credere, e il motivo ve lo spiego io. Quando scoprono, ancora da piccoli, che Babbo Natale è un imbroglio, che Riccioli d'Oro non è una bambina vera e che il Coniglietto di Pasqua è una balla colossale - sono solo tre esempi, ma potrei tirarne fuori molti altri - gli viene una specie di complesso, e decidono di non credere a niente che non possano vedere con i loro occhi.

Come i Perdenti di It, che da adulti dimenticano Pennywise, faticano a ricordare cosa successe in quell'estate della fine degli anni '50, quando erano dei ragazzini che accettavano come realtà assodata che una pallottola d'argento potesse uccidere un lupo mannaro (e che quindi i lupi mannari esistessero)


Tia Conklin, per ragioni che scoprirete leggendo il libro, si troverà improvvisamente in difficoltà finanziarie, perdendo anche il migliore dei suoi clienti, lo scrittore Regis Thomas, gallina dalle uova d'oro per l'editore Doubleday (casa editrice, guarda caso, dei primi libri di King), che con le vendite della sua avvincente saga di Roanoke consentiva a Tia di pagare tutte le spese.

Qui entra in gioco il piccolo James e il suo dono particolare, perché lui non solo vede i morti, ma se li interroga, loro sono obbligati a dire la verità. 

E la madre di James ha in mente proprio di sfruttare questa abilità del figlio per carpire a Thomas come si sarebbe dovuto concludere l'ultimo volume della serie di Roanoke, e proporne la pubblicazione postuma. All'estero, l'editore Hard Case Crime ha realizzato anche una copertina fittizia del libro, in edizione limitata:


In questa parentesi del romanzo, Stephen King ha avuto modo di raccontare ossessioni e superstizioni di chi come lui esercita indefessamente il mestiere di scrittore, presentandoci Regis Thomas come uno scapolo paranoico che non vuole che nessuno legga i suoi manoscritti prima che siano terminati, pretendendo che non vengano ritoccati da nessuno (Gordon Lish, lo storico editor di Carver, forse non sarebbe d'accordo...)

Un autore "commerciale", Thomas. Un nome che vende. Il personaggio di Tia fa notare in un dialogo di avere tra le mani anche testi migliori, ma "non commerciali". Stephen King sembra ironizzare su se stesso, e sull'accezione negativa dell'essere considerati commerciali, qualificazione che può fallacemente essere associata a scarsa qualità.

Tornando a noi, il potere di Jamie non sarà "sfruttato" solo dalla madre, ma anche dalla nuova compagna di lei, Liz Dutton, una detective di New York che coinvolgerà Jamie nella caccia a un criminale che ha intenzione di colpire dall'aldilà. Non mi addentro di più in questa parte, lasciandovi tutto il divertimento di scoprire da voi cosa succederà.

Quello che possiede Jamie è un dono indesiderato, un potere pericoloso con cui dovrà sempre convivere, e gestire con coscienza e un alto senso di responsabilità. Come d'altronde tutti i personaggi con doti straordinarie di cui King ha scritto: da Danny Torrance alla bambina de L'incendiaria, passando per il protagonista de La Zona Morta, Johnny Smith, che però acquisisce da adulto capacità che prima non aveva, a differenza del nostro Jamie.

"La cosa che più mi ha interessato di Jamie" - ha detto King - "è che la sua è una dote con cui è nato, e che accetta nel modo in cui si accetterebbe di essere ciechi dalla nascita. Iniziereste ad abituarvi a quella situazione perché non ne conoscete una diversa."

Un dono, un potere, che però è una croce pesante da portare sulle spalle: vedere i morti, anche nelle loro fattezze mutilate dopo un incidente, parlare con loro e doverlo tenere nascosto al mondo. Solo da bambino Jamie poteva immaginare di confidare a un estraneo la condanna di questa dote naturale terribile. Più tardi (later...), da adulto, avrebbe capito che sarebbe diventato inconcepibile:

La cosa peggiore che ti succede, quando diventi grande, 
è che di certe cose non puoi più parlare.

Più tardi. Dopo. E' il leitmotiv del romanzo, un filo rosso che percorre tutta la storia, la caduta del velo quando cresciamo e perdiamo la nostra innocenza, la nostra ingenuità, scoprendo le verità che gli adulti ci hanno tenuto nascoste. 

Un romanzo di segreti che solo alla fine vengono rivelati, ricollegandosi all'oscuro universo di un vecchio opus magnum del Re. Chi ha letto It è avvantaggiato.


Un romanzo di padri assenti, una costante nelle storie di Stephen King, cresciuto insieme al fratello dalla sola madre Ruth (proprio come Tia cresce da sola Jamie), abbandonata dal marito Donald una mattina del 1949, quando King aveva appena due anni: uscì per prendere il famigerato pacchetto di sigarette, e non tornò mai più. Stephen King non lo ha mai rivisto di persona.

Avevo un debole per i padri - confessa Jamie nel romanzo - visto che il mio non sapevo chi fosse. Lo so, si dice che è impossibile sentire la mancanza di qualcosa che non si è mai avuto, e c'è un fondo di verità in questa teoria, ma io sapevo comunque che mi mancava qualcosa.

Un romanzo in cui il settantatreenne Stephen King sa ancora calarsi perfettamente nella realtà magica dell'infanzia, con una prosa meno densa, meno dettagliata del passato, ma efficacissima, perché essenziale, come se procedesse per sottrazione. E con un taglio ironico che bilancia magistralmente gli orrori, la disillusione e il fatalismo che serpeggiano tra le righe.

Ripensandoci oggi, a volte mi viene da credere che la mia vita somigli a un romanzo di Dickens, ma con un bel po' di parolacce.

Fatevi del bene, leggete questo libro.

Maurizio Ragusa


4 commenti:

  1. Letto d'un fiato. Anche a me é piaciuto molto. Un King maturo che mi ha conquistato e che dice ancora una volta che King non é uno scrittore horror ma semplicemente un grande scrittore. Soddisfatto.

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  2. l'ho finito oggi, mi ha emozionato, un grande king

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  3. Non mi capitava da tempo di leggere un romanzo di King tutto d'un fiato, in poche ore. Preso alle 17. Finito in serata. Ben tornato Re

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